Il Primo Metodo Certo per Abbattere gli Scarti nella Fonderia di Pressofusione

Se sei riuscito a generare una perfetta curva triangolare di velocità hai iniziato con il passo giusto.
In effetti, non tutte le forme d’onda possono essere ritenute accettabili: alcune evidenziano una buona regolazione dell’iniezione, altre preannunciano problemi che potrebbero verificarsi con elevata probabilità.
Per giungere alla perfetta regolazione della pressa, devi avere ben chiara l’identificazione di alcuni punti importanti e devi saperli piazzare in maniera molto precisa sulla curva di velocità.
1-Start ottimale della seconda fase: si tratta di un punto strategico poiché se risulta eccessivamente posticipato, l’iniezione non è in grado di raggiungere la velocità ottimale per riempire le impronte nel tempo prefissato mentre se è troppo anticipato rischi di introdurre una elevata percentuale di porosità nello stampo.
2-Attacchi di colata in ingresso al pezzo: questo punto è fondamentale e la sua individuazione ti permette di capire con quale velocità di seconda fase stai raggiungendo gli attacchi di colata.
3-Attacchi di colata in uscita dal pezzo: anche questo punto è fondamentale e la sua individuazione ti permette di capire con quale velocità di seconda fase stai riempiendo i fagioli.
4-Riempimento dello stampo completato: anche questo punto è importante perché puoi capire quando inizia la fase di pressione.
Ti lascio una considerazione preliminare.
Ora voglio convincerti che i vecchi dannosissimi, inutili deleteri e pericolosissimi 5 sensi non hanno più alcun senso di esistere.

Quali segreti si nascondono dietro l’utilizzo delle curve di iniezione delle presse per il riempimento ottimale dei pezzi?
Con le prossime lezioni cerchiamo di fare luce sull’importanza di questo accessorio, di cui tutte le presse dovrebbero essere dotate.
Le curve di iniezione non sono vitali per progettare correttamente lo stampo o i parametri di processo, ma sono fondamentali per regolare l’iniezione della pressa in maniera ottimale con un margine di stabilità sufficiente.
In realtà è interessante fare una considerazione preliminare.
Proprio così: questi oggetti oscuri hanno una grandissima utilità e nascondono informazioni preziosissime per interpretare correttamente le variabili di processo principali che determinano il corretto riempimento delle impronte dei tuoi stampi.
Da circa un paio di anni è in corso una fase di rivoluzione del nostro modo di lavorare: le richieste dei nostri clienti stanno diventando più esigenti, i costi di produzione necessitano di tagli importanti, i requisiti qualitativi degli articoli che produciamo devono sfiorare la perfezione per risultare conformi, i tempi di consegna dei prodotti devono essere quasi nulli.
Tutto ciò sta portando i costruttori di macchine, o di tecnologia in genere per la fonderia, a studiare, testare, provare e commercializzare soluzioni sempre più performanti per adattare le proprie soluzioni alle richieste di un mondo in rapidissima evoluzione.

Proprio così: alcuni stampi sono impossibili da regolare!
Lo avrai notato anche tu.
A volte capita che monti lo stampo in macchina e alla prima regolazione di processo tutto si stabilizza e la produzione fila liscia, senza problemi, senza intoppi, senza patemi d’animo.
Altre volte, purtroppo, regolare la pressa diventa una “…mission impossible…”
Perché???
Attenzione a una ulteriore considerazione.
La combinazione di queste due problematiche può fare la differenza per una corretta e veloce regolazione dello stampo.
Mi rendo conto che gli esempi chiariscono i concetti molto meglio delle parole.
Per questo motivo desidero dare la parola a un mio cliente, che si è rivolto a me per cercare di risolvere problemi di scarto incontrollato per alcune sue produzioni.
Non riusciva a capire per quale motivo alcuni stampi davano scarto incontrollato (significa che in alcune produzioni non avevano scarto sensibile mentre in altre produzioni avevano scarti casuali compresi tra il 30 e il 40%), sebbene gli stampi fossero stati montati sulle medesime presse, con gli stessi parametri di lavorazione, con le stesse temperature di esercizio di forno, macchina e stampo, con la regolazione dell’iniezione da parte dello stesso operatore di fonderia.
Continua a seguirmi perché vedrai cose molto interessanti.

(Immagine di Alberto Bianchini su Unsplash)
Prova a rispondere a questa domanda: se i tuoi pezzi hanno bolle superficiali, il problema è da imputare alla fusione o alla galvanica?
Quante volte capita di trovarti di fronte a questo problema senza sapere chi o cosa lo ha generato?
Ti suggerisco di fare un test molto semplice.
In effetti, in questa ultima eventualità possono essersi verificati due eventi generati da due cause completamente differenti che comportano risoluzioni diverse tra loro.
In questo caso possono essersi verificati problemi nella gestione dei bagni galvanici (sgrassatura non corretta, bagni sporchi o contaminati da sostanze oleose, corrente sbagliata nelle vasche, ecc…).
In questo caso il processo di pressofusione è stato gestito in malo modo (parametri di iniezione errati, gestione grossolana del distaccante, ecc…) o lo stampo presenta evidenti errori di progettazione (canali di sezione non appropriata, materozze mal progettate, riflessioni di materiale durante il riempimento, ecc…).
Tendenzialmente, sarebbero da escludere eventuali problemi nella gestione dei processi intermedi: smerigliatura, burattatura, pulitura superficiale, ecc…

Abbiamo chiarito alcuni aspetti riguardo la pressione idraulica ottimale del pistone in seconda fase.
Cosa accade, invece, alla pressione specifica sul metallo, parametro fondamentale per compattare correttamente i pezzi prima che vengano estratti dallo stampo?
In effetti, per curare bene la terza fase, è fondamentale curare chirurgicamente proprio questi due parametri: non a caso, la terza fase è definita “fase di pressione o di compattazione dei pezzi”.
Naturalmente, ti ricordo che nelle macchine a camera fredda esiste una ulteriore fase successiva: la moltiplica, nella quale interviene un moltiplicatore di pressione che ha il compito di moltiplicare la pressione idraulica di linea sull’iniezione con il compito di amplificare la compattazione dei pezzi.
Forse non abbiamo chiarito insieme ancora un aspetto: a cosa serve la terza fase?
Naturalmente, non è altrettanto semplice trovale un profilo di iniezione che la ottimizzi perfettamente dal punto di vista statico e dinamico nel corso della durata complessiva della compattazione dei pezzi.
La lezione che stiamo per affrontare ha proprio questo compito: chiarire in maniera dettagliata come devi gestire il profilo di pressione dopo che il riempimento dei pezzi è stato completato.

Proseguiamo il nostro corso online cercando di rispondere a una importantissima domanda: per una pressa generica è meglio avere il controllo in anello aperto o in anello chiuso sull’iniezione?
Se stai valutando l’acquisto di una nuova pressa, hai trovato qualcosa di decisamente interessante da leggere.
Prova a rispondere a queste domande.
Come ben sai, il gruppo iniezione di una pressa rappresenta il cuore della macchina e conoscere bene cosa si nasconde dietro alle nuove tecnologie per ottimizzare i profili di riempimento degli stampi diventa strategico per indovinare al 100% il tuo nuovo investimento.
Oggi, le presse sono dotate di soluzioni tecnologiche particolarmente interessati e performanti rispetto al passato.
Tra queste soluzioni puoi anche trovare il controllo ad anello chiuso.
Ti porto subito ad una riflessione molto interessante.
Per quale ragione questa tecnologia ha avuto una impennata di richieste ed è diventata una fonte di ricerca tra le più sviluppate negli ultimi anni?
Perché ciò che prima era sconsigliato, oggi è una realtà consolidata e, addirittura, consigliata dai costruttori?
Esistono dei limiti nell’applicazione odierna di questa tecnologia?

Sto parlando di un dubbio esistenziale, una vera e propria tortura!
Moltissimi miei clienti sono perseguitati dal problema dei buchi sugli attacchi di colata.
Potrebbero aver commesso un errore clamoroso o una serie di errori vitali che li ha portati dentro a un vicolo cieco, facendoli schiantare frontalmente contro un muro, senza sapere o capire come loro siano arrivati a una simile autodistruzione.
Sembra assurdo, ma è la pura verità.
Quante volte mi è capitato di sentire con le mie orecchie frasi tipo questa: “…ero convinto di avere trovato la strada giusta, di avere finalmente risolto quel maledetto problema in fonderia, di averlo sconfitto definitivamente, ma si è ripresentato senza preavviso e in maniera più devastante e non riesco a capire per quale motivo…”
Eppure, se ti trovi di fronte al problema di uno scarto incontrollato legato ai buchi presenti sugli attacchi di colata (sia sui pezzi che sui fagioli), vale una regola di buon senso.
Ma cosa può esserti sfuggito di mano questa volta?
Perché non riesci a trovare una costante che collega con un filo logico i problemi di porosità che hanno perseguitato la tua fonderia fino ad oggi?
Soprattutto, come puoi prevenire invece di curare i potenziali problemi che ti si ripresentano con una ciclicità costante, senza saper per quale motivo o per quale causa ti tornano inesorabilmente a trovare?
Ma, soprattutto, hai un grosso dubbio da toglierti dalla mente.

Abbiamo chiarito alcuni aspetti riguardo la pressione ottimale del pistone in seconda fase.
Quanto influisce l’accumulatore su questo aspetto durante la fase di riempimento dei pezzi?
Ti ricordo che durante l’accelerazione dalla prima alla seconda fase, la pressione nella camera di mandata del cilindro che movimenta il pistone crolla pesantemente; in alcuni casi può addirittura dimezzarsi o abbattersi ulteriormente.
Questo è un grosso problema: ora ti ricordo per quale ragione.
Ti ricordo che non è altrettanto semplice trovale un profilo di iniezione che ottimizzi perfettamente la seconda fase dal punto di vista della velocità e della pressione nel corso della durata complessiva del riempimento.
La lezione che stiamo per affrontare ha proprio questo compito: chiarire in maniera dettagliata l’importanza dell’accumulatore per evitare pericolosissimi crolli di pressione durante la fase di riempimento delle impronte.
Ti ricordo anche un ulteriore aspetto importante.
In effetti, questa problematica è vitale per stampare correttamente pezzi di natura tecnica.
Se il tuo target qualitativo è di natura puramente estetica, il compito dell’accumulatore non è così strategico e gravoso al tempo stesso.
Ciò che ti sto sottolineando è importantissimo: prova a pensare a questa considerazione.

Abbiamo chiarito alcuni aspetti riguardo la velocità ottimale del pistone in seconda fase.
Cosa accade, invece, alla pressione, parametro altrettanto strategico per compattare correttamente i pezzi prima che vengano estratti dallo stampo?
In effetti, per curare bene la seconda fase, è fondamentale curare chirurgicamente proprio questi due parametri.
Forse non abbiamo chiarito insieme ancora un aspetto: a cosa serve la seconda fase?
Non è altrettanto semplice trovale un profilo di iniezione che la ottimizzi perfettamente dal punto di vista della velocità e della pressione nel corso della durata complessiva del riempimento.
La lezione che stiamo per affrontare ha proprio questo compito: chiarire in maniera dettagliata come devi gestire il profilo di pressione durante il ciclo di riempimento dei pezzi.
Vorrei chiarire un aspetto importante.
Immagina di dover stampare regolatori GPL: cosa potrebbe accadere se la pressa andasse in crisi di pressione proprio durante la fase di compattazione dei pezzi?
Perché potrebbe accadere questa spiacevole e pericolosissima eventualità?
Come la potresti prevenire?
Attenzione: in questi ultimi anni si sta modificando rapidamente e pesantemente il modo di lavorare.
Per questa ragione può capitare che presse che hai acquistato solo 5 anni fa possano essere già superate.
Per quale ragione?

Dopo aver analizzato la migliore velocità che il pistone di iniezione può assumere in prima fase, è arrivato il momento di valutare lo stesso parametro in seconda fase.
Come si determina questo parametro in maniera precisa e dettagliata?
Esiste un unico valore da cercare o puoi permetterti una regolazione con un range di valori più o meno ampio?
Cosa determina il margine di stabilità del parametro che hai appena calcolato e cosa può, eventualmente, portare in deriva il tuo processo produttivo in un tempo più o meno breve mettendo in crisi la qualità delle tue fusioni?
Iniziamo a rispondere insieme ai quesiti, a partire dal primo.
1-Come si determina questo parametro in maniera precisa e dettagliata?
Naturalmente è necessario valutare l’accoppiamento macchina – pistone – stampo che hai in fonderia in questo momento.
È ovvio che ogni tipo differente di accoppiamento richiede una velocità di seconda fase del pistone differente.
In questo caso è lo stampo che deve comandare l’accoppiamento.
Infatti esiste una velocità minima che deve essere assunta dalla lega affinché il pezzo abbia performance meccaniche sufficienti: cercando di semplificarti le cose al massimo livello (mi rendo conto che sto facendo una approssimazione ma sto cercando di darti importanti informazioni in uno spazio relativamente breve), potrei riassumerti tutto in questo modo.
L'esperto nella riduzione degli scarti nel processo di pressofusione